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Successione, famiglia e impresa familiare: come pianificare in modo ordinato

Continuità aziendale, equità tra eredi e governance: criteri e strumenti per il passaggio generazionale

Successione impresa al tavolo

Il passaggio generazionale in presenza di un’impresa familiare non è una “semplice” successione ereditaria. È un momento in cui interessi patrimoniali, legami affettivi e responsabilità imprenditoriali si intrecciano. Una pianificazione accurata consente di preservare la continuità dell’azienda, tutelare l’equilibrio tra gli eredi e ridurre il rischio di conflitti che, in assenza di un disegno chiaro, possono compromettere valore e stabilità.

Perché il passaggio generazionale è diverso dalla sola successione?

La successione regola il trasferimento del patrimonio; la continuità d’impresa richiede, in più, che la governance rimanga efficiente e che il know-how non si disperda. Chi subentra non eredita soltanto quote o beni, ma anche rapporti con clienti, fornitori, personale, banche e istituzioni. La pianificazione deve dunque tenere insieme due piani: quello familiare e quello aziendale.

Quali obiettivi conciliare in concreto?

Tre sono i pilastri che guidano le scelte: continuità dell’attività, equità tra gli eredi, sostenibilità finanziaria. La continuità riguarda ruoli e responsabilità operative; l’equità si traduce in soluzioni proporzionate, non necessariamente identiche per tutti; la sostenibilità impone di valutare flussi, fabbisogni e forme di liquidità per evitare che l’azienda debba “finanziare” la successione in modo disordinato.

Proprietà, governo, gestione: perché vanno separati

Nelle imprese familiari spesso coincidono. Nel tempo, però, è utile distinguere: la proprietà decide il perimetro strategico; il governo (organi societari) assicura controllo e indirizzo; la gestione cura l’operatività. Questa distinzione non è accademica: aiuta a individuare le persone giuste per ogni funzione e a prevenire attriti tra chi è coinvolto nell’attività quotidiana e chi ne è titolare solo dal punto di vista patrimoniale.

Strumenti tipici: quando considerarli

Le soluzioni vanno scelte caso per caso. Il testamento consente di delineare un assetto coerente con l’azienda; eventuali liberalità e trasferimenti in vita permettono un passaggio graduale di competenze e responsabilità; strumenti negoziali dedicati al trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni possono agevolare la concentrazione del controllo in capo a chi è effettivamente coinvolto nella gestione, con meccanismi di bilanciamento per gli altri familiari. Prima di decidere, è opportuno valutare effetti patrimoniali, organizzativi e fiscali con consulenti qualificati.

Come tutelare i legittimari non coinvolti nell’impresa

È un tema sensibile. Spesso un erede è attivo in azienda, altri no. L’equilibrio si costruisce combinando misure diverse: attribuzione delle partecipazioni a chi gestisce, conguagli a favore degli altri, eventuale utilizzo di cespiti extra-aziendali, strumenti finanziari e forme di protezione che generino liquidità dedicata. L’obiettivo non è “pareggiare” sulla carta, ma evitare che l’azienda venga appesantita da obblighi che ne riducono la capacità competitiva.

Protocolli di famiglia e patti tra soci: a cosa servono

Il protocollo di famiglia è un documento di indirizzo che, con linguaggio chiaro, definisce valori, criteri di ingresso dei familiari in azienda, regole di remunerazione, percorsi di crescita, ruoli degli organi societari e modalità di gestione dei conflitti. I patti tra soci, invece, hanno natura negoziale e vincolano sul piano societario: diritto di prelazione, clausole di gradimento, meccanismi di uscita, limiti alla circolazione delle quote, policy sui dividendi. Insieme, protocollo e patti riducono l’alea e danno stabilità nel tempo.

Impresa familiare e collaborazioni dei congiunti

Nel contesto italiano esiste un istituto che riconosce diritti a determinati familiari che collaborano in modo continuativo nell’impresa. È importante inquadrare correttamente il tipo di apporto (lavoro, professionalità, direzione) e formalizzare quanto necessario, per evitare fraintendimenti su aspettative, compensi e diritti futuri. Anche qui, la chiarezza iniziale previene contenziosi dopo.

Governance: ruoli, deleghe e controlli

La transizione non si esaurisce con il passaggio delle quote. È prudente definire per tempo la composizione degli organi, le deleghe gestionali, i sistemi di controllo interno, le procedure per operazioni rilevanti e conflitti di interesse. Una governance ordinata non toglie flessibilità; la moltiplica, perché rende prevedibili i processi decisionali e legittima le scelte verso l’esterno.

Prevenire conflitti e blocchi decisionali

Le crisi spesso nascono dove mancano regole su ingresso/uscita dei soci, distribuzione utili, vendita di rami o beni strategici, rapporti con i familiari che lavorano in azienda. Strumenti come prelazione, gradimento motivato, clausole di co-vendita, opzioni di acquisto/vendita con criteri di valorizzazione trasparenti possono essere calibrati in modo proporzionato. L’obiettivo non è ingessare l’impresa, ma renderla governabile quando le decisioni divisive si presentano.

Partecipazioni o azienda? La scelta che incide su tutto

Nel passaggio può trasferirsi l’azienda in quanto complesso organizzato, oppure le partecipazioni nella società che la detiene. Le conseguenze operative sono diverse: contratti in essere, licenze, rapporti di lavoro, finanziamenti e garanzie richiedono verifiche puntuali. La scelta va fatta valutando la struttura del gruppo, il grado di bancabilità, il peso degli asset immateriali (clienti, software, marchi) e l’esposizione ai rischi.

Continuità finanziaria e sostenibilità

Qualunque assetto scelto deve essere sostenibile. Vanno considerati i fabbisogni connessi a eventuali conguagli, la capacità dell’impresa di sostenerli senza compromettere investimenti e liquidità, la possibilità di soluzioni graduali o miste. È prudente simulare scenari, prevedere covenant con gli istituti di credito e allineare le scelte societarie con la programmazione industriale.

Valutazioni indipendenti: quando sono utili

La valorizzazione dell’azienda o delle partecipazioni è momento delicato. La stima indipendente non è un orpello: aiuta a dare oggettività ai conguagli, a legittimare le scelte verso chi resta fuori dalla gestione e a dialogare con terzi (banche, eventuali investitori). Metodi e perimetro di valutazione vanno concordati, tenendo conto di elementi straordinari, rischi e prospettive.

Il caso tipico: un figlio dentro, uno fuori

È una situazione frequente. Senza irrigidire la trattazione, si può tracciare una rotta: chi è in azienda assume il ruolo di guida e riceve il controllo, chi è fuori ottiene una tutela patrimoniale proporzionata attraverso beni non strategici, strumenti finanziari o percorsi di liquidità programmata. Clausole di riequilibrio e una governance trasparente limitano il rischio di incomprensioni nel medio periodo.

Errori da evitare

Rinviare a tempo indeterminato le decisioni; confondere bisogni della famiglia con quelli dell’impresa; promettere ai membri della famiglia ruoli non coerenti con competenze e fabbisogni; consegnare il controllo a più soggetti senza regole di coordinamento; sottovalutare l’impatto finanziario dei conguagli. Ogni scelta non presa oggi diventa un’urgenza domani.

Qual è il ruolo dell’avvocato nella transizione?

Non si tratta di “scrivere atti” soltanto. Il contributo legale è tradurre gli obiettivi della famiglia in soluzioni chiare, proporzionate e sostenibili, coordinando profili societari, successori e, con i professionisti di fiducia, quelli fiscali e valutativi. La differenza la fanno il metodo, la misura e la capacità di prevenire ambiguità che, nei momenti delicati, possono esplodere.

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