Risoluzione per inadempimento: quando scatta e che conseguenze ha
La risoluzione per inadempimento scioglie il contratto quando una parte non adempie gravemente alle obbligazioni. Analisi dei presupposti, degli strumenti e delle conseguenze giuridiche.

Che cos’è la risoluzione per inadempimento
La risoluzione per inadempimento è un rimedio previsto dal Codice Civile che consente di sciogliere un contratto quando una delle parti non adempie alle obbligazioni assunte. È un istituto fondamentale, perché garantisce equilibrio e serietà nei rapporti contrattuali: chi non rispetta i propri impegni non può costringere l’altra parte a restare vincolata.
Quando si può chiedere la risoluzione
Non ogni inadempimento giustifica la risoluzione. La legge richiede che l’inadempimento sia grave e tale da compromettere l’interesse della parte ad ottenere la prestazione. In caso di piccoli ritardi o irregolarità di scarso rilievo, non è possibile chiedere lo scioglimento del contratto. Spetta al giudice, in caso di controversia, valutare la gravità dell’inadempimento.
Le diverse forme di risoluzione
La risoluzione può avvenire in vari modi:
• Risoluzione giudiziale: è pronunciata dal giudice su richiesta della parte non inadempiente, dopo aver valutato la gravità dell’inadempimento.
• Risoluzione di diritto: scatta automaticamente in presenza di clausole particolari (ad esempio la clausola risolutiva espressa) o di situazioni previste dalla legge, come la diffida ad adempiere rimasta senza effetto.
• Risoluzione consensuale: le parti possono accordarsi per sciogliere il contratto quando l’inadempimento rende inutile la prosecuzione del rapporto.
La diffida ad adempiere
Uno degli strumenti più utilizzati è la diffida ad adempiere. La parte fedele al contratto mette formalmente in mora l’altra parte, concedendo un termine congruo per adempiere. Se entro quel termine l’inadempimento non viene sanato, il contratto si intende risolto di diritto. La diffida è quindi uno strumento rapido che evita un processo lungo, pur lasciando sempre aperta la possibilità di ricorrere al giudice per eventuali contestazioni.
La clausola risolutiva espressa
Molti contratti contengono la cosiddetta clausola risolutiva espressa. Con essa le parti stabiliscono che, in caso di mancato adempimento di determinate obbligazioni, il contratto si risolve automaticamente. È uno strumento utile, perché rende chiaro fin dall’inizio quali obblighi hanno natura essenziale. Tuttavia, anche in presenza di questa clausola, la risoluzione richiede la dichiarazione della parte interessata che intende avvalersene.
Conseguenze della risoluzione
La risoluzione produce l’effetto di sciogliere il contratto con efficacia retroattiva: le parti sono liberate dagli obblighi non ancora eseguiti e devono restituire quanto eventualmente già ricevuto. Se l’inadempimento ha causato un danno, la parte inadempiente può essere condannata al risarcimento. In questo modo la risoluzione tutela la parte fedele e ristabilisce un equilibrio economico.
Risoluzione e risarcimento del danno
La risoluzione non esclude il risarcimento. Anzi, la parte non inadempiente può ottenere sia lo scioglimento del contratto sia il ristoro dei danni subiti. Ad esempio, se un fornitore non consegna la merce nei tempi concordati e ciò provoca la perdita di clienti, l’acquirente può chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento delle perdite.
Esempi pratici
• In un contratto di appalto, il mancato rispetto delle tempistiche concordate o l’esecuzione di lavori difformi possono giustificare la risoluzione.
• In una compravendita immobiliare, la mancata consegna del bene o l’assenza di documenti essenziali (come il certificato di abitabilità) sono casi tipici di inadempimento grave.
• Nei contratti di locazione, il mancato pagamento reiterato del canone può determinare la risoluzione su richiesta del locatore.
Domande frequenti sulla risoluzione per inadempimento
Basta un semplice ritardo per chiedere la risoluzione?
No. Occorre che l’inadempimento sia grave e comprometta l’interesse della parte. Piccoli ritardi o irregolarità non sono sufficienti.
La risoluzione richiede sempre una sentenza del giudice?
Non sempre. Può avvenire anche di diritto in presenza di diffida ad adempiere o clausola risolutiva espressa. In caso di contestazioni, però, sarà comunque il giudice a decidere.
Se il contratto viene risolto, devo restituire ciò che ho già ricevuto?
Sì. La risoluzione ha effetto retroattivo: ciascuna parte deve restituire quanto ottenuto, salvo il risarcimento dei danni.
Che differenza c’è tra risoluzione e annullamento?
La risoluzione dipende dall’inadempimento, mentre l’annullamento interviene quando il contratto è viziato nella sua formazione (es. errore, dolo, incapacità).
La clausola risolutiva espressa evita ogni giudizio?
Rende più rapido lo scioglimento, ma non esclude la possibilità di contestazioni giudiziali, ad esempio sulla gravità dell’inadempimento o sull’effettiva applicazione della clausola.
Conclusione
La risoluzione per inadempimento è uno strumento fondamentale di tutela nei rapporti contrattuali. Consente alla parte fedele di liberarsi da un vincolo divenuto insostenibile e di ottenere il ristoro dei danni subiti. Perché operi è necessario che l’inadempimento sia grave e che le regole previste dalla legge o dal contratto siano rispettate. Una corretta conoscenza di questo istituto permette di affrontare con maggiore sicurezza i rapporti contrattuali e di difendere i propri diritti nel rispetto delle norme.
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