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Equity e discendenti disallineati: come gestire squilibri e conflitti

  • Immagine del redattore: avv. Emanuela Zardo
    avv. Emanuela Zardo
  • 17 lug
  • Tempo di lettura: 2 min

Quando un figlio entra in azienda e l’altro no. Quando una figlia si dedica alla famiglia, mentre il fratello prende le redini del patrimonio. Quando un genitore sente che la “giustizia” non coincide più con la divisione esatta.


Accade più spesso di quanto si immagini. E non solo nelle grandi dinastie. In ogni impresa familiare, in ogni eredità complessa, arriva un momento in cui bisogna porsi una domanda difficile: come trattare figli diversi in modo equo, senza rompere gli equilibri familiari né tradire i valori condivisi?



Il nodo non è (solo) patrimoniale



Quando si affrontano squilibri tra discendenti, il primo istinto è economico: bilanciare ciò che si lascia a ciascuno. Ma in realtà, il problema è relazionale e simbolico.


Ci sono figli che contribuiscono attivamente all’impresa, prendono decisioni, generano valore. Altri che, per scelta o per destino, restano fuori. Trattarli in modo identico può risultare ingiusto. Trattarli in modo diverso può generare rancori, incomprensioni, talvolta contenziosi.


La vera sfida è trovare forme di compensazione sostenibili e comprensibili, che siano viste come giuste e non come privilegi.



Eredità non è uguaglianza matematica



Nel diritto italiano, la legittima impone dei paletti. Ma dentro quei margini, esiste un ampio spazio per progettare la successione. È qui che entra in gioco l’equity familiare: non un’equazione fredda, ma un equilibrio ragionato tra ruolo, valore, merito e affetti.


Un esempio? Il figlio che ha dedicato trent’anni all’impresa può ricevere quote societarie con diritto di voto e direzione. I fratelli, invece, una quota patrimoniale equivalente in immobili o liquidità, magari blindata con un trust o vincolo d’uso.



Strumenti giuridici per gestire gli squilibri



Nel panorama legale, esistono diverse leve per progettare una trasmissione “giusta” anche quando non è “uguale”:


  • Clausole statutarie per differenziare poteri e partecipazioni

  • Trust e vincoli di destinazione per tutelare beni destinati a discendenti non operativi

  • Patti familiari e accordi preventivi per chiarire volontà e ruoli prima della morte

  • Liquidazioni mirate per compensare chi resta fuori dall’impresa

  • Rinunce consapevoli in cambio di vantaggi concreti (immobili, somme, garanzie)



L’obiettivo? Ridurre il rischio di contenzioso e trasformare la successione in un’occasione di chiarezza, e non di rottura.



Il ruolo decisivo del confronto



Il diritto offre soluzioni, ma da solo non basta. Serve confronto, mediazione, e in molti casi un affiancamento consulenziale personalizzato. Ogni famiglia ha le sue dinamiche, le sue fratture, i suoi silenzi.


Un buon avvocato non impone un modello: ascolta, traduce, accompagna. Rende visibile ciò che è sottinteso. E costruisce, passo dopo passo, un percorso che possa reggere al tempo, alle emozioni e al cambiamento.




📌 In sintesi



Affrontare la diseguaglianza tra discendenti non significa scegliere un figlio e scartare l’altro, ma riconoscere storie diverse e tutelare il patrimonio familiare da incomprensioni future. Con strumenti giuridici adeguati, chiarezza comunicativa e visione a lungo termine.

Due percorsi divergenti tra fratelli eredi, uno verso l’impresa, l’altro verso la vita privata – simbolo dei diversi ruoli nella successione familiare.
Equilibri ereditari: quando i figli non hanno camminato sullo stesso sentiero.

 
 
 

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