Clausole vessatorie nei contratti: come riconoscerle e contestarle
- avv. Emanuela Zardo

- 1 set
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 15 set
“Avvocato, ho firmato un contratto con la banca e mi sono accorto che alcune condizioni mi sembrano sproporzionate. Sono obbligato a rispettarle?”
È una domanda che arriva perché le clausole vessatorie sono più diffuse di quanto si pensi. Non solo nei contratti bancari, ma anche in quelli assicurativi, digitali e di fornitura.
Cosa sono le clausole vessatorie
Per clausole vessatorie si intendono quelle condizioni contrattuali che creano un squilibrio significativo tra le parti, a danno del contraente più debole (consumatore o piccola impresa).
Spesso sono inserite in contratti “standard”, predisposti unilateralmente dalla parte più forte: banche, compagnie assicurative, gestori di servizi digitali o grandi fornitori.
Un esempio tipico è la clausola che limita il diritto di recesso del cliente, o che attribuisce al professionista il potere esclusivo di modificare condizioni e costi senza contraddittorio.
Perché sono problematiche
Il problema non è solo di “giustizia contrattuale”. Le clausole vessatorie:
comprimono i diritti del cliente,
trasferiscono rischi o costi in modo sproporzionato,
riducono la possibilità di contestare il contratto.
Nella pratica, generano rapporti contrattuali sbilanciati che possono diventare terreno fertile per contenziosi.
Dove si possono trovare più spesso
Contratti bancari: spese non pattuite, modifiche unilaterali, facoltà di recesso solo per la banca.
Contratti assicurativi: esclusioni di responsabilità poco chiare o sbilanciate.
Contratti digitali: piattaforme che modificano i servizi senza preavviso, limitazioni alla responsabilità anche in caso di disservizi.
Forniture commerciali: penali sproporzionate a carico solo del cliente.
Come riconoscere le clausole vessatorie
Un primo segnale è la presenza di condizioni che sembrano:
eccessivamente favorevoli per la controparte,
poco chiare o scritte in modo da essere difficili da comprendere,
tali da ridurre drasticamente i diritti dell’altra parte.
Un consumatore non è obbligato a “subire” passivamente. La legge riconosce la possibilità di contestare queste clausole, che possono essere dichiarate nulle.
Come contestarle
La tutela si articola in diversi passaggi:
Analisi del contratto – individuare le clausole potenzialmente vessatorie.
Diffida formale – contestare la clausola e chiedere la sua rimozione o la sua disapplicazione.
Ricorso al giudice – in caso di mancato accordo, il tribunale può dichiarare la nullità della clausola.
Tutela collettiva – per contratti diffusi (es. banche, operatori telefonici) esistono azioni promosse da associazioni dei consumatori.
Clausole vessatorie e contratti digitali
Il tema è oggi ancora più attuale nei rapporti online. Le condizioni d’uso di piattaforme, abbonamenti e servizi digitali contengono spesso clausole che:
autorizzano modifiche unilaterali,
limitano la responsabilità del fornitore,
impongono rinunce preventive a diritti.
Il consumatore raramente le legge prima di cliccare “accetto”, ma questo non significa che siano tutte valide.
Conclusione
Le clausole vessatorie sono una realtà concreta in molti contratti della vita quotidiana, dai mutui ai servizi digitali.
Riconoscerle è il primo passo, contestarle è un diritto.
La legge tutela il contraente debole, ma serve consapevolezza e metodo per trasformare questo principio in protezione effettiva.

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