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Affidamento dei figli: criteri del giudice

 

Quando due genitori decidono di separarsi o di divorziare, la questione dell’affidamento dei figli è certamente la più delicata. Non si tratta mai soltanto di stabilire con chi i minori vivranno, ma di garantire loro un equilibrio affettivo e relazionale che consenta di crescere serenamente anche in un contesto familiare diverso da quello originario.

 

Il giudice è chiamato a valutare ogni situazione con estrema attenzione, ponendo al centro non le ragioni dei genitori, ma il benessere dei figli. È questo il principio che orienta ogni decisione: capire quale sia la soluzione più idonea a proteggere la stabilità, la crescita e la continuità delle relazioni affettive dei minori.

 

 

L’affidamento condiviso come regola

 

Oggi l’orientamento è quello di preservare, per quanto possibile, la presenza di entrambi i genitori nella vita dei figli. L’affidamento condiviso rappresenta la regola generale: entrambi continuano a esercitare la responsabilità genitoriale, pur vivendo separati.

 

Non significa dividere il tempo dei figli in parti uguali, ma garantire che essi possano mantenere un rapporto equilibrato con entrambi, con un collocamento prevalente presso uno dei genitori e tempi di frequentazione con l’altro, modellati sulle esigenze concrete dei minori.

 

 

Quando il giudice dispone l’affidamento esclusivo

 

Esistono tuttavia situazioni in cui l’affidamento condiviso non tutela l’interesse del minore. In presenza di comportamenti gravi, di inadeguatezza genitoriale o di circostanze tali da compromettere lo sviluppo psicofisico del figlio, il giudice può disporre l’affidamento esclusivo a un solo genitore.

 

Anche in questo caso, tuttavia, l’altro genitore mantiene il diritto-dovere di mantenere rapporti con i figli, salvo che ciò risulti contrario al loro equilibrio e alla loro sicurezza.

 

 

Il ruolo del collocamento

 

Nella pratica, la decisione più significativa è spesso quella relativa al collocamento, cioè la casa presso la quale i figli vivranno abitualmente. Il giudice valuta elementi come la stabilità dell’ambiente domestico, la vicinanza della scuola, la rete familiare di sostegno e la capacità di ciascun genitore di garantire una quotidianità ordinata e rassicurante.

 

Il collocamento prevalente non riduce il ruolo dell’altro genitore, che continua a esercitare la responsabilità genitoriale e a partecipare alle decisioni importanti relative alla vita del figlio.

 

 

Il contributo al mantenimento

 

Il dovere di mantenere i figli rimane a carico di entrambi i genitori, proporzionato alle rispettive possibilità economiche. L’assegno di mantenimento serve a garantire ai minori lo stesso tenore di vita, per quanto possibile, che avrebbero avuto se i genitori fossero rimasti insieme.

 

Le spese ordinarie e straordinarie vengono ripartite con criteri di equità, affinché entrambi continuino ad assumersi le responsabilità genitoriali anche sotto il profilo materiale.

 

 

La voce dei figli

 

Nei procedimenti che li riguardano, i figli non sono spettatori passivi. Quando l’età e la maturità lo consentono, il giudice può ascoltarli per comprendere le loro esigenze e le loro aspettative. L’audizione del minore non è mai un trasferimento di responsabilità, ma un modo per riconoscere che il loro punto di vista ha valore e deve essere preso in considerazione.

 

 

Conclusioni

 

L’affidamento dei figli non è una questione aritmetica di tempi e presenze. È un percorso complesso, che richiede equilibrio, responsabilità e sensibilità. La legge offre strumenti flessibili, ma è sempre il giudice, valutando le circostanze del caso concreto, a stabilire quale sia l’assetto più idoneo a garantire il benessere dei minori.

 

Il fine ultimo resta immutato: consentire ai figli di crescere in un contesto il più possibile sereno e stabile, anche quando la coppia genitoriale non è più unita.


 

 

Studio Legale Avv. Emanuela Zardo

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